TOMBOLO – contrabbando e prostituzione

L’area di pineta e campi fra Pisa e Livorno diventa probabilmente fra il 1944 e il 1946 la più vasta area fuori dal controllo della legge nel territorio italiano. Uno scenario alimentato dalla movimentazione di merci e uomini del vicino porto di Livorno, e dominato da mercato nero, violenza e prostituzione.
La zona ospita anche il campo di prigionia di Coltano, il più grande d’Italia, una sorta di piccolo mondo disordinato e irregolare, tutt’altro che impermeabile all’esterno, in cui si trovano reclusi non solo tedeschi ed ex-fascisti, ma anche ex partigiani, profughi e fuggitivi di ogni sorta.

Da: Quaderni del Centro della Didattica per la Storia, n.15 – “Dopo la bufera”, edito da Provincia di Pisa, a cura di Vinzia Fiorino
“Dopo la Liberazione l’area costiera fra Livorno e Pisa, tra Calambrone e Tombolo, vede la vasta pineta occupata dagli Alleati e soggetta a forte presenza militare, scelta infatti sia per la vicinanza al porto, sia come luogo idoneo per l’organizzazione logistica delle retrovie del fronte. Attorno all’insediamento militare, proprio nella pineta di Tombolo, viene presto notata la presenza di figure tipiche della marginalità post-bellica: disertori, contrabbandieri, ladri e prostitute. Tra queste figure spicca anche quella degli «sciuscià», ragazzini attivi sia in tutte le attività più minute, sia nelle intermediazioni dei mercati illegali. Fioriscono rapidamente due mercati di dimensioni davvero imponenti: quello nero e quello della prostituzione.
Nel linguaggio popolare, giornalistico e cinematografico c’è un termine preciso: “segnorine”, che rinvia proprio allo specifico mercato della prostituzione. Con tale appellativo, la cui origine rinvia ovviamente al modo in cui gli americani storpiavano il termine italiano, erano popolarmente note le donne che si prostituivano con i soldati americani (prevalentemente) di colore, che stazionavano a Tombolo; vi risiedeva infatti, dal 1944, la 92a divisione “Buffalo”, unico reparto dell’esercito americano composto da uomini di colore.
Nel corso del 1945 il numero di donne arrivate a Livorno per prostituirsi non è ovviamente quantificabile, ma è certamente alquanto sostenuto. Sappiamo infatti che nel 1945 vengono arrestate circa centocinquanta donne e, nel 1947, la cifra giunge a oltre le quattrocento unità.
Tutta l’area sarà infatti chiamata “paradiso nero” e rimarrà nella memoria collettiva come angusto luogo di perdizione. Trascurato dalla più approfondita riflessione storiografica, il tema è divenuto oggetto prevalentemente di note giornalistiche di costume e di una precisa stagione cinematografica. Più interessante è, a mio avviso, la lettura avanzata da Tiziana Noce, secondo cui Tombolo costituisce l’ennesimo tributo pagato dai civili alla guerra; un luogo simbolico estremo e paradigmatico della violenza e della miseria che si era abbattuta nel paese intero dopo il secondo conflitto mondiale54.
L’area sarà dismessa in seguito ad un episodio di cronaca molto grave: nell’agosto del 1947, alcuni fuoriusciti da Tombolo organizzano un assalto ad un carico di pneumatici. La vicenda degenera in un grave conflitto tra i banditi e la polizia militare americana: rimangono sul terreno alcuni cadaveri. Le autorità americane decidono così di porre definitivamente fine al cosiddetto paradiso nero”.